martedì 13 gennaio 2009

Il filese d’acciaio…

Personaggi filesi (4) - Giovannino Tarozzi l’uomo dei bagni di Capodanno

di Agide Vandini



Le cronache giornalistiche locali di questo inizio d’anno recano, fra le tradizionali curiosità, la notizia dell’ennesimo bagno di Capodanno nelle acque di Porto Garibaldi, con tanto di seguito di amici e di fans, portato a termine da un filese d’acciaio, l’ultrasettantenne Giovannino Tarozzi.

Chi vorrà gustarsi questa sua recente discesa nelle raggelanti acque dell’Adriatico potrà farlo traquillamente cliccando sul link:


http://video.libero.it/app/play?id=40cb776fbb17fc07046c1ca05f7dcb8c


E’ un filmato simpaticissimo della durata di circa un quarto d’ora, ove si può facilmente cogliere, dalle immagini e dal sonoro, lo spirito indomabile del nostro Giovannino (e’ Maröch per i filesi), classe 1936, da anni trasferitosi ad Argenta, ove gestisce con immutata passione il suo bazar musicale.

Un minimo di approfondimento del personaggio, tuttavia qui è d’obbligo. Su di lui, e su alcune sue perle di gioventù, ho raccontato e scritto aneddoti, composto sonetti, dispensando pillole letterarie inserite in un più ampio contesto, ma che pur devono aver dato l’idea della singolarità del tipo.

Ho raccontato, di quegli anni lontani, di quando calzò il casco da motociclista in attesa delle scosse di terremoto, della sua caduta in letargo al teatro Chiarini di Lavezzola durante la proiezione di un film horror e del suo risveglio al buio nel teatro ormai chiuso; infine, della sua storica battuta, agli albori del Cinema-Scope, quando la Chita sulle orme di Tarzan sembrò infilare la finestra aperta dell’angusto cinema di Bando. Cose esilaranti e davvero memorabili, che sarebbe lungo riproporre integralmente, ma che invito i lettori a rileggersi nei testi pubblicati, alla luce del filmato appena visto[1].

Io qui, in onore della loquela di Giovannino, di quella facilità di chiacchiera meglio definita in dialetto col termine barlöca, dei suoi mitici e proverbiali antinebbia (i primi che uscivano all’epoca e che si montavano appositamente) e soprattutto di uno spirito simpaticamente guascone, riporto il breve sonetto che lo riguarda, pochi versi che riassumono quanto ci raccontò una sera al caffè, attorno al panno verde dell’amato biliardo.


I fanél


Al ciamimi «e’ Maröch» int e’ cafè,

Pr al tanti ciàcar ch’l’avéva stra la žent

E a ‘scultimi quel ch’l’avéva da cuntê,

Che t’aj cardiv e t’aj muliv dj azident.


'Na sira, finì la partida, e’ tachè

E’ fat di fanél, famóš da tot i chent.

Donch l'éra andê a Frêra, par cumprê

Dj antinebia speciél ch'j éra un purtent.


E' gnè ca’ ch'l'éra bur pruvend i su fanél:

«... A vid e’ tràfich férum... Adës ‘s a fêghja?

A-m bŏt in surpas d'na fila zenza uguél…


Al machin al pê férmi...’S a j ël... Mišéria...

Ël ‘n inzident? ... D’cô dla fila, par savél,

arves e’ spurtël: ... 'Na nebia, mo 'na nebia!»


I fanali. Lo chiamavamo Marocco nel caffè, / per le tante chiacchiere che aveva in pubblico, / e ascoltavamo tutti i suoi racconti: / prima ci si credeva e poi gli si mollava un accidente./ Una sera, finita la partita, ci propinò / il racconto dei fanali che poi divenne famoso. / Dunque lui era andato a Ferrara, per comperare / degli antinebbia speciali che erano un gran portento. / Tornò che era già buio e provò i fanali: / «... Vedo il traffico bloccato... Adesso cosa faccio? / Comincio a sorpassare una fila interminabile… / Le macchine sembrano ferme... Cosa c'è... Diavolo... / Che sia un incidente? … Alla fine della fila, per saperlo, / apro lo sportello: ebbene... Una nebbia, ma una nebbia!»[2]



Per inquadrare bene il personaggio, però, va posto l’accento su di un particolare spirito d’avventura, su quell’amore per il rischio in ogni campo che lo ha sempre contraddistinto. A chi lo conosce bene, Giovannino pare in corsa da una vita, sempre alle prese con una sfida interminabile con se stesso.

Chi non ricorda ad esempio le sue tante macchine sportive esagerate? Correre, affabulare, esagerare, rischiare: in queste quattro parole si può racchiudere il nostro Maröch che, ancora negli anni ’60 e ’70, scavallava con la sua Miura per le strade della Romagna. Volò, e poi ad un certo punto planò, un giorno a Case Selvatiche, illeso fra lo spavento generale, in uno degli orti addossati alla scarpata della «strada alta». Le sue imprese, però, al limite ed oltre il rischio consentito, anche volendo, sarebbero troppe da raccontare.

Una decina d’anni fa, ormai più che sessantenne e con problemi di ipertensione, consigliato dal medico, decise di darsi ad una semplice attività deambulatoria di una mezzoretta al giorno. Ovviamente questo non poté bastare ad un tipo come lui. Ben presto l’attività motoria si trasformò in una attività ginnica vera e propria, portata al limite della sostenibilità, tanto che, ancora oggi, di sera e con qualsiasi stagione, egli ama farsi la sua decina di chilometri a passo sostenuto.

Il bagno nelle acque gelate di Capodanno, per il quale ha avuto l’attenzione delle cronache, non è dunque una mattana isolata, oppure un tentativo di emulare le imprese del vecchio Mao immerso nel Fiume Giallo. E’ un’impresa nata per caso, dodici anni fa, anzi per scommessa, e da quel momento è diventata una tradizione, un punto d’orgoglio da cui non vuole sottrarsi per nessuna ragione al mondo. Ogni Capodanno sente semplicemente il bisogno di mettersi ancora alla prova, di dimostrare a se stesso di essere sempre il solito, il ciarliero, il brillante ma indistruttibile, Tarozzi Giovannino.

Questa non è però la sua unica performance agonistica di rilievo. Ama le camminate di tutto rispetto quali l’Argenta-Portogaribaldi (Km. 50 circa) che compie ormai regolarmente a ferragosto (vanta un tempo di 5 ore e 58 minuti), l’Argenta-S.Luca (Km 60 circa, 7 ore e 33 minuti). Ha intenzione di ripetere queste imprese nell’estate autunno 2009 e di aggiungere in Marzo/Aprile la Filo - San Marino (Km 100 circa).

Giovannino, caro impareggiabile Maröch, noi che ti vogliamo bene, ti desideriamo sempre così.



Nelle foto:

1. Giovannino dopo il bagno del capodanno 2008 fra gli amici filesi. Da sinistra: Loris Veduti, Beniamino Carlotti, Giovannino Tarozzi, Brunelli Robert Marcel, Bruno Folletti (Falco).

2. Giovannino durante una delle sue recenti ardite camminate.


[1] Si veda in A.Vandini, La valle che non c’è più, Faenza, Edit, 2006, pp. 61 ss e 13 ss.

[2] A.Vandini, Bëli armunëj, Faenza, Edit, 2001, p. 25.

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