martedì 7 agosto 2012

Quando furoreggiava il Circo Bidoni ...


Guardando una rara foto dei primi anni Quaranta
di Agide Vandini




La bella foto, che vedete a fianco - cliccare sull’immagine per vederla a grandezza video -, mi è stata inviata in questi giorni da Milano, da Franco Fabbri, classe 1934, di cui ho sempre sentito parlare in famiglia come Franco dla Minghina. Franco, milanese ma di genitori filesi, soggiornò presso la nonna materna Baztina (Battistina Ricci Maccarini) e la zia materna  Minghina (Domenica Mercatelli) negli anni nell’infanzia e pre-adolescenza fino all’avvicinarsi del fronte di guerra.
La famiglia in cui visse Franco era nostra vicina nella vecchia casa dei Barabani abbattuta nel dopoguerra, una coabitazione che poi continuò, nel dopoguerra, nelle «Case Operaie» destinate ai senzatetto.  Io ho splendidi ricordi d’infanzia legati alla Baztina, alla Minghina ed al di lei marito Pezöli (Banzi Domenico); di costoro ho spesso raccontato nei miei scritti e nelle mie poesie in dialetto. Franco, tuttavia, non ebbi mai la possibilità di conoscerlo essendo egli già tornato stabilmente a Milano negli anni della mia prima infanzia. All’epoca della foto anteguerra e per tutto il periodo in cui soggiornò felicemente a Filo era però inseparabile compagno di giochi di mia sorella Carla, sua coetanea.
Ciò che ho l’opportunità di pubblicare costituisce un reperto importantissimo, ancorché non si sia riusciti ad identificare tutti i soggetti presenti. Ritrae il famoso Circo del clown Bidoni, un circo itinerante di modeste dimensioni che pare si chiamasse «Circo Errani», e di cui a Filo si sente ancora favoleggiare fra la gente anziana. Di questo piccolo circo, ingoiato dal tempo, non credo proprio sia rimasta altra immagine che ci riguardi.
La fotografia vede Franco con le bretelle, al centro e con un bimbo (non identificato) per mano, ed è stata scattata prima del fronte, molto probabilmente nell’estate del 1944. I due sono inquadrati nel cortile posteriore della vecchia casa del mugnaio, quella ove io ebbi la ventura di nascere poco più di un anno dopo, finita la guerra. Il cortile guardava a nord, verso la casa signorile ed il mulino dei Barabani e confinava, al lato est, con lo spiazzo del «Campicello», da cui era separato tramite una robusta recinzione.
Il prato, o «pradina», del Campicello era a quel tempo la vera «piazza» del paese, luogo in cui, una volta l’anno, veniva ad accamparsi il Circo di Bidoni, e la foto lo riprende sullo sfondo, in una di queste occasioni, forse l’ultima sua sosta a Filo prima del passaggio del fronte e, quindi, dei devastanti bombardamenti che cambiarono drammaticamente i connotati del paese.
Quando alla rata dla S-ciapèta (rampa che rialzava la strada alle prime case del paese), apparivano le ormai familiari carovane, in dialetto: al garavêñ (oggi, si userebbe un più raffinato  roulottes) del circo di Bidoni, i giovani e i ragazzi filesi erano già in eccitazione e della loro accoglienza festosa dà buona testimonianza la frotta di ragazzi che, nella foto, ha invaso lo spazio erboso e pare concedersi un attimo di pausa, giusto il tempo di osservare, dal Campicello, la scena che intende ritrarre il fotografo. Sulla sinistra si nota il tendone che in parte copre la visuale di Casa Tamba, casa signorile che verrà rasa al suolo pochi mesi dopo dalle bombe alleate (al suo posto sorgeranno le nuove Scuole Elementari); sulla destra, invece vediamo al garavêñ schierate a ridosso delle vecchie scuole (ora Casa del Popolo), mentre in alto biancheggia il tetto della vecchia caserma dei Carabinieri.
Fra i ragazzi di allora, che si riparano gli occhi dal sole del pomeriggio, riconoscere qualcuno è estremamente difficile. Franco, peraltro, sembra abbia avuto questa foto a distanza di tempo per cui non è in grado di ricordare alcuno dei compagni di fotografia.
Guardando con attenzione la foto con mia sorella Carla e, poi, con Bruno Folletti (Falco), indi con Aderitto Geminiani (Pippi), abbiamo potuto identificare con un certo margine di sicurezza il ragazzetto ben vestito e con le mani in alto appoggiate alla recinzione, si tratta del compianto maestro Angelo Rossi, ovvero di Lino d Rös detto anche Pigrìz. Il ragazzino, inceve, che si intravede sopra la spalla destra di Franco potrebbe essere Enrico, il fratello purtroppo minorato, di Luigi ed Ezechiele dla Sbàbia: ragazzo sfortunato che morì nella prima gioventù.
Qualche ricordo più specifico intorno alla famiglia circense, i cui discendenti ed eredi artistici sono ancora forse tuttora in attività, sono riuscito a stimolarlo nei miei interlocutori. Al circo non si poteva andare molto spesso, il prezzo d’entrata non era alla portata di tutte le famiglie, data la povertà di allora, tant’è che Falco ricorda assai bene come l’adolescente Frangì (Francesco Brusi), si prestasse volentieri a vuotare giornalmente i loro bucalèñ, i comunissimi e indispensabili vasi da notte, per averne in cambio qualche prezioso biglietto omaggio.
Lo spettacolo era retto sostanzialmente dall’intera famiglia dell’anziano Bidoni che vestiva i panni del clown e veniva spalleggiato, nelle migliori scenette, dal figlio maggiore Cirillo. Quest’ultimo, buon acrobata e saltimbanco, riscuoteva, a quanto si diceva, notevole ammirazione fra il pubblico femminile, fra il quale, pare annoverasse più di una “morosa”.
Anche gli altri familiari di Bidoni avevano un ruolo nel circo e, fra questi, i due figli minori Leandro e Silvano che godevano, anche loro, di belle amicizie fra i coetanei filesi. Fatto sta che, nel nostro paese, questa famiglia circense stazionò piuttosto regolarmente, ogni stagione estiva, fino a svernarvi, in uno dei difficili anni del dopoguerra, quando si esibì quotidianamente nella sala del Palazzone. Per quella occasione, al garavèñ, ovvero le loro case viaggianti, furono schierate nel cortile antistante la scala esterna. In altro frangente - ricorda Frangì -  Bidoni, coi i suoi acrobati ed artisti, fu ospitato, nell’Arena privata della famiglia Carlotti.  Ricordò, poi, queste circostanze,  l’anziano Bidoni, qualche anno dopo ammettendo con profonda gratitudine, e non senza commozione, che «a Filo, il suo Circo era stato sfamato».
Ancora vivi nella memoria sono poi alcuni personaggi curiosi che in quegli anni lontani si esibivano nel Circo di Bidoni. Nel dopoguerra, quando diede di nuovo spettacolo nel vecchio Campicello, io, allora un bimbetto che giocava nel cortile accanto, notai un acrobata esercitarsi all’esterno con salti altissimi e vidi un nano vero di nome Bagonghi gironzolare allegramente fra le vecchie carovane (fino ad allora, dei nani, avevo soltanto sentito raccontare nelle favole).
Falco, invece, ricorda un certo Tre-Rose, un personaggio molto truccato e volutamente equivoco, che vestiva così bene i panni femminili da far sorgere più di un dubbio nei sospettosi ragazzini filesi.  Fu così che, per scoprire il vero sesso di quest’uomo misterioso, i nostri fantasiosi ragazzi si arrampicarono ripetutamente lungo la rete di recinzione dei Barabani, quella ritratta nella foto, per sbirciare dal finestrotto della «garavèna» e catturare con l’occhio il momento rivelatore, quello della svestizione...
Pare però che, nonostante gli sforzi, il mistero sia rimasto tale...

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